La catena degli eventi


 

Sgancia, Strizza, Sbatti, Sobbalza e…Stucco! 

Novi, un giovedì pomeriggio con il cielo bello ricco di cumuli.

Un aliante appena tirato fuori dal carrello, tanto sognato, tanto cercato e finalmente pronto da volare; gelcoat liscio e lucido come cul-di-bimbo (o cranio-di-Berlusca a seconda dei punti di vista); abitacolo finalmente spazioso anche per le mie misure “fuori ordinanza”; flap ancora-da-capire-al-100% ma sicuramente forieri di ottime prestazioni e atterraggi “sul posto”.

Come in un sogno, un insieme di pezzi di vetroresina ammassati dentro un contenitore – grazie all’aiuto di amici volenterosi – si trasforma in pochi minuti in una splendida e aggressiva macchina volante, che sembra soffrire anche solo a rimanere a terra. Un debole vento fa vibrare le ali, e resistere è perfettamente inutile.

In pochi istanti, trainato per il ventre, il mio (e di Fulvio, non dimentichiamolo, …anche se non l’ha ancora volato!) I-OKAY lascia la pista di erba per galleggiare nell’aria primaverile. Un volo, non lunghissimo ma pienamente goduto, più che altro per cercare una prima sintonia con un nuovo amico: nuovi rumori, sensazioni, vibrazioni, sensibilità, avvertimenti, piccoli segnali…per guardare di fianco e credere per un attimo che le ali spuntino proprio dalle mie spalle; per socchiudere gli occhi e farsi sollevare dalle bolle tiepide che quest’anno incredibile ci sta regalando con buon anticipo.

Imposto l’atterraggio; l’aliante si lascia perfettamente guidare lungo le virate sulla prenotazione, cerchi precisi, la velocità regolare e costante…sto diventando un po’ più bravo o è lui che si comporta bene? (E’ lui…). In finale regolo i flap sul “landing” e avverto fisicamente che la macchina rallenta; se apro i diruttori – penso sorridendo – ritorno quasi all’efficienza di un parapendio degli anni ’80… L’aliante tocca terra, anche un po’ prima dei 3 cinesini (bottiglia? Non c’è problema! Ormai il mio debito ha eguagliato le giacenze della Cantina Sociale di Ricaldone…), rimetto i flap a zero, abbasso i diruttori e lo lascio correre, “guidandolo” sull’erba fin quasi alla sua casetta.

Non esco subito: rimango un po’ seduto, a pensare al volo appena finito; dove ho sbagliato, cosa potevo fare meglio, quella pedaliera che schiaccio sempre un po’ troppo…e poi il computer, un poderoso LX 5000 che corri il rischio di non guardare più fuori se dai retta a tutti i numeri, linee, grafici, dati, longitudinilatitudini, variosollfahrt, regolazione dei biiip e dei bluuurp…ma è così bello, che ti fa scegliere il nome del pilota, che te lo colleghi al palmare…certo che però potevo stare ancora un po’ su.

Guarda là che bel cumulone. Certo che…non è neanche troppo tardi…poi magari nei prossimi giovedì viene brutto…

Chiamo Luca e gli chiedo se mi riaccompagna in testata pista; mentre mi preparo a scivolare di nuovo nell’abitacolo, Luca riporta a posto la macchinina e sale sull’AlfaSierra, chiedendo nel frattempo a Vittorio se ha voglia di venire a reggermi l’ala. Ovviamente sì. Sempre tutti disponibili. Chiudo il capolino, sta arrivando il traino. Trallallà che bello, di nuovo in aria, di nuovo a galleggiare tra le nuvole.

Arriva Vittorio, e apro il cupolino per chiedergli come è stato il primo decollo. “Uno schifo” mi risponde sintetico, e prima che ci possa rimanere troppo male mi suggerisce come fare per tirare su queste ali che sembrano fatte di chewing gum (“ciungai” in Italiano…); ringrazio e mi preparo per il decollo; Vittorio mi  aggancia, controlli di routine, pollice in alto e…si parte. Miracolo! Riesco a tenere le ali parallele al terreno da subito, l’aliante si alza che è un piacere; in pochi istanti siamo oltre i 100 metri di quota, e mi sembra persino di sentire una piacevole brezzolina che mi accarezza il viso… E giusto in questo momento il Grande Veleggiatore (quello per intenderci che non ha bisogno di termiche per stare Bello Alto, quello che le altezze da volo d’onda gli fanno un Divino Baffo, e che per di più non ha bisogno di ossigeno…quello che Comanda, insomma) decide di ricordarmi che tra la forza di gravità (che peraltro ha inventato Lui) e un qualunque oggetto volante…alla fine vince sempre la prima!: Caz.., il cupolino aperto!! Dopo aver parlato con Vittorio non l’ho richiuso! Cretino!

E ora, Siore e Siori...benvenuti alla rappresentazione ufficiale della famosa “Catena degli Eventi” (rullo di tamburi)!

  1. Non mi fermo a riflettere che – per l’aria che lo colpisce, la tipologia di aggancio e la sua conformazione – il cupolino non può materialmente aprirsi, ma solo sollevarsi pochi centimetri.
  2. Incurante dell’incombente lezione dall’Alto, e quindi per nulla umile, mi considero perfettamente in grado di mantenere un corretto allineamento col traino mentre abbandono perunattimosoloperunattimo (orrore!) la barra per chiudere il cupolino.
  3. In una frazione di secondo dopo aver abbandonato i comandi, l’aliante – per di più trainato ventralmente - si impenna in verticale, facendomi perdere immediatamente di vista il traino (ah, dimenticavo: mettendo in grave pericolo il trainatore, che si sente sollevato repentinamente per la coda e vede il muso dell’aereo, con il motore a manetta, puntare verso terra).
  4. Piccola nota “positiva”: sia Luca che il sottoscritto sganciamo il cavo in tempo e praticamente in contemporanea, tanto che il cavo stesso si perderà nei prati antistanti la testata 18. L’incolumità del trainatore e del mezzo è perlomeno assicurata.
  5. Immediatamente dopo lo sgancio, viro a sinistra e mi preparo mentalmente (“niente panico...sei stato un coglione ma ora sei in grado di atterrare perfettamente...l’aliante ha un’altezza più che sufficiente per impostare un circuito quasi normale...”) ad effettuare – un po’ più bassino ma ancora ampiamente nei parametri – un atterraggio “dopo sgancio basso”.
  6. Bravo Stefano! Ora che sei riuscito a rimettere tutto a posto, perché non provi di nuovo a chiudere il cupolino, “tanto per star tranquilli”? Detto, fatto: e questa volta, non più trainato per il ventre ma anzi appesantito dai miei bei 90-e-passa chili sul sedile, l’aliante punta decisamente verso terra. Mollo il cupolino (che, poverino, non provava neppure troppo ad aprirsi...) e tiro a me la barra, recuperando un assetto orizzontale; mi sono bruciato però l’altezza che mi serviva ad impostare il circuito normale. Ora DEVO atterrare in favore di vento, con questa macchina che non la tiri giù neanche a cannonate.
  7. Per la repentina picchiata, l’aliante ha accumulato un’enorme quantità di energia cinetica, che cerco goffamente di disperdere con una cabrata...e mi sto mangiando la pista...e la terra si avvicina...e il mio distacco professionale comincia a sembrare la famosa diga del ragazzino olandese: piccole falle qua e là che piccole dita sottili non riescono a tappare.
  8. Devo mettere giù questo coso prima che succeda qualcosa di davvero, davvero brutto...e mi ricordo come in un sogno a occhi aperti un lontano briefing dello Squarcia che recitava più o meno “un’imbardata a terra è un incidente automobilistico, ma un’imbardata con l’aliante ancora in volo...e vi recuperano con il Folletto”.
  9. Ok, devo atterrare. Subito. Dai...sono un po’ troppo veloce...cabro...ahi, troppo...raddrizzo...minchia come vado...ecco…no…vabbè, ORA! 
  10. Tocco terra con uno schianto che definirei “assordante”, che mi si ripercuote sulle prime vertebre dorsali (buffo come mi venga in mente in quel momento che, mentre mi trainava in testata 36 con la macchinina, con Luca abbiamo proprio parlato del mio intervento di ernia del disco nel 2003...); tra l’inconscio e il cosciente-ma-incasinato tengo la barra in avanti per non far sbattere la coda mentre il povero I-OKAY (che in questo momento tanto “OK” non si sentirà...) comincia il suo “incidente automobilistico”: imbarda, perde il pattino di coda, compie un altro mezzo giro e si ferma...con il cupolino che, finalmente aperto, cigola sinistro!

Sgancio le cinture e salto fuori dall’abitacolo neanche fosse rovente; saltello: le gambe ci sono, mi muovo discretamente anche se la schiena fa un male cagnaccio. Arrivano Vitto, il Buffa e dopo un po’ anche Luca; anche Re scende dalla torre e si avvicina.

Facciamo un primo controllo dei danni; la pancia un po’ ammaccata, il pattino volato via (poi ritrovato), il supporto del cupolino un po’ “strosciato” e, in un punto nella parte inferiore delle ali (che si sono flesse fino a toccare il suolo nel momento del contatto con la pista) il gelcoat incrinato per una decina di centimetri.

 “Come stai? Tutto ok? Non ti preoccupare, l’aliante si ripara, il pilota un po’ meno...stai tranquillo adesso”; non una parola sui miei errori. Quelle, com’è giusto, arriveranno; ma ora no. Grazie ragazzi, grazie davvero.

Che dire? A bocce ferme, mi sento un vero coglionazzo. Come si può pensare di mollare la barra durante il traino a 150 metri di quota? Ma quale perverso meccanismo ti esplode nel cervello quando meno te lo aspetti? Una volta accertato che il cupolino era aperto, cosa avrei dovuto fare? Boh, direi qualcosa tipo:

  • “Luca da AlfaYankee: ho il cupolino aperto. Evita le virate e sali dritto lentamente, per favore.”
  • Sgancio a 4-500 metri, proseguo dritto, trimmo un po’ l’aliante e SOLO ORA mollo brevemente la barra per chiudere il cupolino.
  • Ammettendo comunque il primo errore e il conseguente sgancio a 150, devo pensare da quel momento in poi SOLO all’atterraggio, e si fotta il cupolino aperto.

Una piccola riflessione, che ripeto più che altro a mio beneficio esclusivo: ogni tanto le check-list vengono considerate tediose poesie da recitare a memoria (sbuffando, qualche volta): invece, ogni volta senza eccezioni, vanno “sentite” dentro; quando qualcosa viene ad interrompere la normale procedura (tipo aprire il cupolino per parlare con qualcuno in attesa del decollo…vero?), ricominciare la lista dei controlli pre-volo può far perdere qualche minuto, ma sicuramente non gelcoat, pattini di coda o peggio vertebre...senza considerare i pantaloni in lavanderia!

Voglio approfittare dell’occasione – ancora una volta – per ringraziare di cuore le splendide persone che mi hanno aiutato subito dopo...diciamo il “contatto”, e successivamente per le pratiche assicurative, il trasporto all’officina...ma soprattutto per le telefonate, le belle parole, i consigli non saccenti ma dettati dalla passione. Un particolare ringraziamento al mio socio Fulvio che, quando gli ho comunicato la notizia dell’incidente al nostro Ragazzo, senza batter ciglio mi  ha chiesto “Ma tu come stai? Non ti preoccupare per l’aliante”. Non esiste un numero finito di “bottiglie” da pagare...comincerò con le damigiane!!

Grazie per l’ospitalita. Qualcosa mi dice che “Hai chekkato il cupolino?” diventerà un vero tormentone estivo.

Stefano Lasagna

NOTA: anche se l’argomento trattato è ben lungi dall’essere ludico o comico, il mio stile di scrittura proprio non riesce ad evitare una sorta di ironia che potrebbe essere travisata in sfrontatezza, incoscienza o delirio di onnipotenza. Tutt’altro. Anche dopo aver ringraziato in privato il Sommo Volatile per avermi somministrato una lezione tutto sommato non eccessivamente onerosa, quei pochi metri di discesa non-troppo-controllata popolano tuttora i miei sogni notturni con una costanza direi quasi “da incubo”! Confido quindi nell’abilità dei lettori di discernere il vero, tetro sottobosco sotto le fragili, futili foglie colorate.

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